Il D.L. 80 del 2021, all’art. 3, comma 2, prende atto della necessità di superare i meccanismi di rigido ed automatico controllo della spesa decentrata che erano scaturiti dall’art. 9 D. L. n. 78 del 2010 e dalle successive disposizioni volte a governare e sorvegliare l’andamento delle risorse destinate, dai singoli enti, al finanziamento del trattamento economico accessorio e, da ultimo, disciplinato dall’art. 23, comma 2, del D. Lgs. 75 del 2017, ancorato al valore delle risorse destinate a tale finalità nel 2016. Un primo passo verso il superamento del limite al trattamento accessorio si era avuto, sia pure per i soli enti del SSN e per il sistema delle Autonomie (comprese le Regioni) con gli artt. 11 e 33 del decreto legge n. 34/2019 che hanno introdotto la regola secondo la quale il valore del limite delle risorse destinate ai trattamenti accessori, secondo i criteri definiti in sede di contrattazione integrativa, e delle risorse destinate al trattamento accessorio delle posizioni organizzative può essere aumentato o diminuito in modo da mantenere invariato il valore pro capite riferito all’anno 2018, fermo restando l’intangibilità di tale valore nel caso di riduzione del personale sicché la base di calcolo del valore pro capite è il personale in servizio al 31 dicembre 2018.
E’ tuttavia innegabile che, adesso, l’art. 3, comma 2, sembra operare un’apertura di credito nei confronti di tutti i dipendenti pubblici, delle loro organizzazioni sindacali e delle controparti pubbliche che saranno chiamati a fare buon uso dei nuovi margini di manovra indispensabili alla valorizzazione delle professionalità interne in quella logica premiale e meritocratica che non si è inteso abbandonare e che anzi oggi il D.L. n. 80 del 2021 vuole aprire ad una nuova e si spera fiorente stagione.

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